mercoledì 8 giugno 2011

ANCHE QUESTO PUO' SUCCEDERE IN UN IMPIANTO A BIOMASSE O INCENERITORE CHE SIA,PENSIAMOCI!!!

Un celebre produttore di riso è agli arresti domiciliari, coinvolto in un'inchiesta della Dda di Milano su un traffico illecito di rifiuti con al centro un inceneritore che avrebbe dovuto produrre energia pulita, bruciando biomasse, ma che in realtà avrebbe smaltito anche sostanze pericolose. Per non bloccare poi il flusso degli incentivi pubblici, secondo l'accusa,il patron del gruppo alimentare,avrebbe avallato il pagamento di tangenti ad alcuni funzionari del Gestore dei servizi energetici (Gse) di Roma.

Gli arrestati. In carcere, su ordine del gip milanese, Stefania Donadeo, è finito un funzionario del Gse dell'epoca, gestore pubblico che acquistava l'energia prodotta dall'inceneritore situato a Pavia. Gli arresti domiciliari sono stati disposti anche per un'altro funzionario del Gse,e per un consulente energetico e oltre ad un commercialista del noto Gruppo. Tutti accusati, a vario titolo, di traffico illecito di rifiuti, truffa, frode in pubbliche forniture e corruzione.

Le accuse. L'inceneritore era stato sequestrato lo scorso novembre, nell'ambito delle indagini condotte dal Corpo forestale. L'impianto avrebbe dovuto produrre energia pulita dagli scarti del riso e da fonti rinnovabili, ma in realtà all'interno, stando alle accuse, venivano buttati anche legno, plastiche, imballaggi e fanghi di depurazione. In più, dalle indagini era emerso anche un problema per la sicurezza alimentare: la famosissima azienda avrebbe mischiato la lolla, cioè la parte del riso che racchiude i chicchi, agli altri rifiuti e alle scorie di combustione, in parte bruciandola ma in parte anche rivendendola poi ad alcuni allevamenti zootecnici in Lombardia, Veneto e Piemonte, dove sarebbe stata usata come lettiera per gli animali. Gli investigatori, inoltre, mettono in rilievo come l'inceneritore avesse anche ottenuto il permesso, "con provvedimenti autorizzativi della Provincia e della Regione di dubbia legittimità", di bruciare anche "variegate tipologie di rifiuti", oltre alla lolla di riso.

La confessione. A novembre, fra gli altri, era stato arrestato il presidente della nota azienda. Ed è stato proprio lui, con le sue dichiarazioni ai magistrati nei mesi successivi, a tirare in ballo il massimo dirigente.aveva raccontato agli inquirenti di aver pagato complessivamente una mazzetta da 115mila euro per fare in modo che la Gse di Roma non pretendesse la restituzione di 7 milioni di euro nell'ambito di un contenzioso aperto tra le due società, dopo una verifica all'impianto del maggio 2009 che aveva accertato irregolarità nello smaltimento. Tangenti, pagate con il pieno avallo e sostegno del patron dell'azienda.

Le intercettazioni.
Una conferma del quadro accusatorio è arrivata con le intercettazioni. "Tutto il Gse lubrificato", diceva al telefono il consulente energetico, riferendosi, secondo gli investigatori, alle mazzette usate per oliare il gestore pubblico. E anche il direttore tecnico della societa', avrebbe confermato il pagamento di tangenti, coperte con il pagamento di una fattura a favore di una società americana, individuata da un noto commercialista.

Estranei ai fatti". Il Gse, "nel dichiararsi estraneo rispetto a eventuali comportamenti attuati da singoli in difformità ai principi di etica professionale e di legalità", fa sapere di avere "già posto in essere, in via cautelativa, tutte le misure che allo stato possono essere intraprese a tutela dell'azienda".

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